AGGIORNATO IL 26 AGOSTO 2021
Il “Regolamento sui Beni Comuni”,
che qualsiasi Comune italiano può adottare, è un formidabile strumento di
partecipazione dei Cittadini alla vita collettiva che si concretizza attraverso
la stipula di un “Patto di collaborazione” con l’Amministrazione Comunale per “la cura, la rigenerazione e la gestione
condivisa dei beni comuni urbani”, siano essi pubblici o privati di uso
pubblico, materiali o immateriali.
Attualmente sono più di 250 i
Comuni italiani che hanno adottato questo strumento, sia grandi, come Milano,
Siena o Bologna (che è stata la prima nel maggio 2014) che più piccoli come
Lanciano, che lo ha fatto nel dicembre 2018, ottavo Comune in Abruzzo.
I patti di collaborazione possono
riguardare sia piccoli interventi che gestioni più complesse ed attualmente ne
sono in vigore MIGLIAIA in tutta Italia, di cui quasi un quarto del totale nella sola capofila
Bologna, coinvolgendo più di 800mila persone.
Tutto questo virtuoso fenomeno in
continua espansione è stato reso possibile dall’incrocio di due circostanze
fondamentali:
1. La
legge di revisione costituzionale che nel 2001 ha introdotto nella Costituzione
il principio di sussidiarietà
orizzontale: “Stato, Regioni, Città
metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse
generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (art.118 ultimo
comma);
2. La
costituzione nel 2008 dell’associazione “LABSUS-
Laboratorio per la Sussidiarietà” che, attraverso il suo ispiratore e fondatore
Prof. Gregorio Arena, già professore ordinario di Diritto Amministrativo presso
l’Università di Trento, ha avuto la geniale intuizione di come mettere in
pratica questo nuovo rivoluzionario principio che rischiava di
restare solo sulla carta, sfruttando l’autonomia
regolamentare dei Comuni garantita dalla Costituzione.
[per tutti gli approfondimenti su
LABSUS cliccare su https://www.labsus.org/ ]
Ecco il formidabile senso di
questa nuova possibilità, come leggiamo sul sito di LABSUS:
“La nuova norma, riconoscendo che i cittadini sono in grado di attivarsi
autonomamente nell’interesse generale e disponendo che le istituzioni debbano sostenerne gli sforzi in tal senso, conferma
appunto sia che le persone hanno delle capacità, sia che possono essere
disposte ad utilizzare queste capacità per risolvere non solo i propri problemi
individuali, ma anche quelli che riguardano la collettività.”
Quindi non solo una
collaborazione alla pari, senza che alcuno prevarichi l’altro e senza che il
cittadino sostituisca l’ente pubblico nelle sue funzioni, ma la grande affermazione
che le Amministrazioni non devono semplicemente permettere, tollerare o non
ostacolare queste azioni, ma devono favorire
le attività dei Cittadini attivi in
forma singola o associata. Questo è un passaggio decisivo che
rende tutto molto più fattibile in quanto si prefigura come un obbligo di azione.
Prima della modifica
costituzionale non era consentito alle persone comuni di occuparsi della cosa
pubblica ed anzi, facendolo, rischiavano di incorrere in sanzioni
amministrative o addirittura penali. Adesso tutto questo non solo è permesso,
ma addirittura auspicato, sostenuto e regolamentato in modo da definire bene
tutti i compiti e le responsabilità reciproche.
Come esempio di Regolamento sui
Beni Comuni si può leggere QUI quello adottato dal Comune di Lanciano
nel dicembre 2018, naturalmente ispirandosi a quello di Bologna che,
ripetiamo, è stata la prima città ad adottarlo e quella, numeri alla mano, che
lo sta sfruttando al meglio, ponendosi come punto di riferimento per tutti.
Lo strumento fondamentale per la
messa in pratica del Regolamento è il “Patto di collaborazione” che regolamenta
nel dettaglio tutti gli aspetti dell’intervento e viene firmato dalle due
parti.
Abbiamo detto che gli attori in campo possono essere di vario
tipo, dai cittadini singoli ai gruppi informali e ai movimenti (non
necessariamente costituiti in associazione), dalle associazioni ufficiali ai soggetti
economici che però devono rispondere tutti rigorosamente al mandato di migliorare le
condizioni del luogo nel quale si interviene ad esclusivo vantaggio del
benessere individuale e collettivo della Comunità.
Anche per gli interventi si va dai più semplici ai più complessi: dalla
cura di un’aiuola o di un piccolo spazio verde alla gestione di un immobile, si
può trattare di beni materiali o immateriali (perfino digitali), come ad
esempio il servizio di trasporto scolastico PIEDIBUS che è stato il primo patto di collaborazione stipulato nel
Comune di Lanciano il 12 aprile 2019 (per approfondimenti sul Piedibus clicca QUI e anche QUI ), al quale è seguito nel luglio 2020 quello denominato "1000 Alberi per Lanciano" (per approfondimenti sui "1000 Alberi" clicca QUI.
In base all’entità ed alle
caratteristiche del progetto la durata
può essere di qualche giorno, di mesi o di anni, rinnovabili in base al
corretto svolgimento ed agli esiti dell’iniziativa.
L’iter della richiesta prevede quattro fasi:
1. La domanda dei Cittadini tramite mail o
collegandosi sul sito del proprio Comune nello spazio dedicato [per Lanciano clicca QUI]nella quale viene illustrata una proposta di massima non dettagliata;
2. La pubblicazione sul sito del Comune della
proposta in modo che chiunque possa contribuire, partecipare alla stessa o
avanzarne una alternativa, nello spirito del Regolamento che è quello dell’inclusione,
della condivisione e della massima partecipazione;
3. L’incontro paritario tra Cittadini e
Amministrazione pubblica per discutere di come realizzare concretamente la
proposta;
4. La stipula del Patto di collaborazione con
tutti i dettagli dell’intesa e la pubblicazione sul sito del Comune.
Come abbiamo già detto l’Ente
pubblico deve favorire queste attività e quindi sono previste varie forme di sostegno personalizzate in base
alle esigenze del Patto che possiamo così riassumere:
1. Supporto comunicativo (promozione e
pubblicità dell’iniziativa in varie forme e canali);
2. Affiancamento del personale comunale;
3. Uso di spazi comunali anche senza
esserne assegnatari;
4. Disponibilità di materiali e strumenti
semplici per lo svolgimento dell’attività (ad es. vernici, attrezzi, ecc.);
5. Risorse finanziarie dirette nei casi
che si ritengano meritevoli di tale supporto, con tutte le più strette
garanzie di trasparenza e rendicontazione delle spese.
In definitiva per qualsiasi Città
si tratta di un’occasione storica per ritrovare il senso di Comunità e lo
spirito di appartenenza ad un destino condiviso, per valorizzare e riappropriarsi collettivamente degli spazi pubblici e anche privati da destinare al
godimento di tutti, nel rispetto di tutti.
Torneranno in auge parole che
oggi non godono di grande popolarità come fiducia
reciproca, condivisione, trasparenza, responsabilità, compartecipazione,
rispetto, inclusione.
Su “Beni Comuni & Cittadinanza Attiva- La partecipazione consapevole
per una città del futuro” si è tenuto a Lanciano nel meraviglioso Polo
Museale un interessantissimo convegno nei giorni 10 e 11 maggio 2019, al quale
sono intervenuti tecnici, amministratori, associazioni e cittadini.
Tra i principali interventi
segnaliamo quelli di Elisabetta
Salvatorelli, antropologa e componente del consiglio direttivo di LABSUS e
di Donato Di Memmo, funzionario del
Comune di Bologna dove si occupa di Cittadinanza attiva e sicuramente tra i
massimi esperti nazionali di questi temi, seguendoli fin dall'inizio. Ricordiamo
ancora che il capoluogo emiliano è stato il primo ad adottare il Regolamento e
che da solo gestisce circa un quarto di tutti i patti di collaborazione presenti
in Italia.
Elisabetta Salvatorelli, oltre ad illustrare storia e numeri di
questa straordinaria esperienza partita da LABSUS e dal suo fondatore Gregorio Arena, ha evidenziato molto efficacemente che “il Bene diventa davvero Comune quando qualcuno se ne prende cura”
e come ci sia una grande differenza tra “cura” e “manutenzione” perché quello
che si deve in tutti i modi evitare è che l’ente pubblico appalti ai cittadini
quello che non riesce a fare da solo. In questo modo si andrebbe in senso
diametralmente opposto allo spirito del Regolamento.
Donato Di Memmo ha illustrato le origini di questa avventura
partendo dal 2012 quando un gruppo di tenaci signore bolognesi incalzarono il
Comune chiedendo di poter intervenire per la cura di una piazza del loro
quartiere ma con la precisa richiesta di sapere condizioni e limiti per farlo. Gli
uffici andarono in tilt, non riuscendo a trovare una risposta a questa
esigenza, ma poi intervenne l’incrocio risolutivo con LABSUS e il principio di
sussidiarietà che risolse questa come tante altre situazioni.
Il principio di sussidiarietà
orizzontale ha due enormi meriti: “stabilisce
che non sono solo i poteri pubblici a svolgere gli interessi generali e li
obbliga a favorire questa partecipazione, che è molto diverso da tollerare o non
ostacolare; è un obbligo di azione.”
Partendo da qui il Comune di
Bologna aprì subito alcuni canali di confronto con i Cittadini, partendo in
diversi casi da esperienze già in atto da parte di associazioni e uniformandole
e coordinandole tra di loro. Questo processo partito dalla base è in realtà
avvenuto anche a Lanciano, dove l’adozione del Regolamento è seguita ad
esperienze già in atto o sperimentate con successo da tempo, come il “Piedibus”, il “Mercato
Scoperto” e la gestione di spazi pubblici come il Giardino Dora Manzitti o la
palestra dei Funai.
Di Memmo ha insistito molto sulla
necessità di reinstaurare un rapporto di fiducia dell’uno verso l’altro e
soprattutto di non scaricare sui cittadini quello che non si riesce a fare: “da funzionario dico che dobbiamo rendere i
cittadini protagonisti nel riportarci le loro idee perché conoscono meglio i
luoghi e la realtà e spesso ci stupiscono con soluzioni inaspettate. L’Amministrazione
deve ascoltare ed avere un rapporto
proattivo e non meramente burocratico con loro: per un funzionario
non deve essere indifferente se un progetto si realizza o meno, ma deve agire perché
tutto vada per il meglio e quindi anche i Comuni devono investire sulla
formazione di dirigenti e amministrativi.”
Si è passato poi all’illustrazione
di alcuni patti di collaborazione in
atto a Bologna per sottolineare l’ampio spettro di opzioni possibili, dalla
gestione di beni materiali all’innovazione sociale.
Ecco solo alcuni esempi particolari ai quali molti altri se ne sono aggiunti con il tempo:
Ecco solo alcuni esempi particolari ai quali molti altri se ne sono aggiunti con il tempo:
·
Vandalismo
grafico, problema molto diffuso in città. Prima del Regolamento, essendo
vincolato l’intero centro storico, bisognava fare domanda alla Soprintendenza e
l’incarico doveva essere affidato addirittura ad un restauratore. Adesso ci
sono 300 cittadini volontari che si occupano di rimuovere i graffiti con il
supporto tecnico del Comune;
·
Associazione
LEILA “La biblioteca degli oggetti”, luogo dove si scambiano oggetti e
attrezzi in condivisione senza doverne comprare di nuovi nell’ottica dell’economia
circolare del riuso. Sono presenti anche dei laboratori di riparazione con il
coinvolgimento di persone e pensionati con esperienze specifiche per una forma
di collaborazione anche tra generazioni. [per ulteriori informazioni clicca su https://leila-bologna.it/ ];
·
Associazione
Re-Use with Love che gestisce un immobile dato dal Comune nel quale vengono
raccolti abiti dismessi in buono stato con una doppia destinazione: una parte
viene venduta nei mercatini per finanziare progetti solidali e una parte viene distribuita
gratuitamente nella “boutique solidale” che funziona come un normale negozio
con esposizione, camerini di prova ed assistenza di inservienti. In questo modo
aumentano dignità ed umanità del dono, anche da parte di chi lo riceve. [per
ulteriori informazioni clicca su: http://www.reusewithlove.org/it/home/ ];
·
Esperienza MamaBO che nasce dall’esigenza di alcuni genitori di avere a disposizione degli spazi dove
festeggiare i compleanni dei bambini. Il Comune fornisce un kit prenotabile
on-line costituito da tavoli, sedie, panche, ecc. e gli spazi pubblici, prevalentemente giardini, dove tenere le feste. In cambio i cittadini
provvedono alla pulizia ed alla cura dell’area sia prima che dopo;
·
Ci sono poi naturalmente patti di collaborazione
sulla cura degli spazi verdi e degli arredi urbani, interventi sulle
aree scolastiche per una migliore fruibilità (piantumazioni e piccoli
orti), mercatini e cooperative di
comunità di produzione di frutta e ortaggi biologici, gli orti comunali condivisi (circa 5000
appezzamenti di terreno a disposizione), interventi
di rigenerazione urbana (arredi, ecc.) e sugli immobili inutilizzati, attività di coesione sociale che coinvolgono gli
immigrati nelle attività favorendo il loro riconoscimento nel tessuto
sociale, collaborazioni tra famiglie per
un sostegno a quelle più disagiate, patti
per la lettura coordinando tante iniziative già in essere da anni nelle
scuole, nelle carceri, in ospedale, nei condomini, e via di questo passo.
Insomma in definitiva un
orizzonte sconfinato dove tutto può rientrare ed essere realizzato insieme.
Donato Di Memmo ha così concluso:
“Aprire le porte ai Cittadini significa
essere travolti da un’ondata di intelligenza: l’importante non è competere ma
collaborare e questo lo devono tenere in mente tutte le parti in causa evitando
qualsiasi auto-referenzialità che fa perdere di vista l’obiettivo finale che è
quello di migliorare insieme il benessere individuale e collettivo della
Comunità in cui si vive.”
Tutto qui.
Adesso dovremo essere tutti noi bravi insieme, ognuno per la sua parte, a far sì che questo straordinario seme dia i suoi frutti migliori.
Adesso dovremo essere tutti noi bravi insieme, ognuno per la sua parte, a far sì che questo straordinario seme dia i suoi frutti migliori.
Franco Mastrangelo